Tematica sempre attuale nell’ambito del trasporto merci è quella rappresentata dalla responsabilità vettoriale, ossia quella in cui incorre il trasportatore (cosiddetto vettore) in conseguenza della perdita (totale o parziale) o dell’avaria del carico. Per una maggiore chiarezza espositiva partiamo, però, dal dato normativo.
Per contratto di trasporto si intende, ai sensi dell’art. 1678 c.c., il contratto con il quale una parte (c.d. vettore) si obbliga, dietro corrispettivo, a trasferire persone o cose da un luogo all’altro. Il contratto di trasporto è dunque un contratto consensuale a prestazioni corrispettive, a titolo oneroso ed a forma libera.
Il trasporto può essere individuale o cumulativo, quest’ultimo disciplinato dagli artt.1700 e seguenti del Codice Civile per quanto concerne il trasporto cose. Si ha trasporto cumulativo quando il medesimo viene assunto da più vettori successivi con unico contratto, da cui consegue una loro responsabilità solidale per l’esecuzione dal luogo originario di partenza fino al luogo di destinazione.
L’art.1700, co.2 c.c. prevede, infatti, che “Il vettore chiamato a rispondere di un fatto non proprio può agire in regresso contro gli altri vettori, singolarmente o cumulativamente. Se risulta che il fatto dannoso è avvenuto nel percorso di uno dei vettori, questi è tenuto al risarcimento integrale; in caso contrario, al risarcimento sono tenuti tutti i vettori in parti proporzionali ai percorsi, esclusi quei vettori che provino che il danno non è avvenuto nel proprio percorso”.
L’art.1701 c.c., tuttavia, a garanzia dei vettori successivi che non abbiano alcuna responsabilità nella produzione del danno, dispone che essi abbiano diritto di far dichiarare, nella lettera di vettura o in altro atto separato, quale fosse lo stato delle cose da trasportare al momento della consegna. In assenza di dichiarazione, sussiste una presunzione di averle ricevute in buono stato e conformi alla lettera di vettura.
Il contratto di trasporto, come già evidenziato, è un negozio a forma libera. Il legislatore, tuttavia, ha previsto la possibilità di rilascio, ai soli fini probatori, sia da parte del mittente che da parte del vettore, di alcuni documenti, quali la lettera di vettura e la ricevuta di carico. Al momento della consegna del carico, la lettera di vettura deve essere consegnata dal vettore al destinatario, il quale avrà, in tal modo, la possibilità di controllare che le merci rispettino le indicazioni contenute nella stessa. La lettera di vettura deve essere sottoscritta dal mittente e rilasciata su richiesta del vettore e contenere, secondo quanto disposto dagli artt.1684, co.1 e 1683, co.1 c.c., le condizioni convenute, il nome del destinatario, il luogo di destinazione, la natura, il peso, la quantità dei beni trasportati e gli estremi necessari per l’esecuzione del trasporto. Qualora il mittente voglia modificare le condizioni di trasporto (c.d. contrordine) è necessario che egli esibisca al vettore il duplicato della lettera di vettura o della ricevuta di carico e vi faccia annotare le nuove indicazioni che poi verranno sottoscritte dal vettore stesso (art.1685, co.2 c.c.).
In relazione alla responsabilità del vettore nel trasporto di cose, il legislatore ha predisposto un’apposita disciplina a seconda che si tratti di impedimenti e di ritardi nell’esecuzione del trasporto o di impedimenti alla riconsegna od, infine, di perdita o avaria delle merci trasportate.
Nella prima ipotesi – impedimenti e ritardi nell’esecuzione del trasporto per cause non imputabili al vettore –il dettato codicistico prescrive al vettore di tenere determinati comportamenti: richiesta di istruzioni al mittente, custodia delle cose ed eventuale vendita delle stesse secondo un preciso procedimento previsto dall’art. 1686, commi 1 e 2 c.c. Ne consegue che, in tal caso, il vettore ha diritto al rimborso delle spese da lui sostenute (art.1686, co.3 c.c.). Se il trasporto è già iniziato, egli ha diritto anche al pagamento del prezzo in proporzione al percorso compiuto, salvo che l’interruzione non sia dovuta alla perdita totale delle cose derivante da caso fortuito. In tal caso, non potendo più essere eseguito il trasporto, il contratto verrà risolto ai sensi dell’art. 1463 c.c.
Nella seconda ipotesi – impedimenti alla riconsegna – qualora il destinatario sia irreperibile, rifiuti o ritardi nel chiedere la riconsegna delle cose trasportate, il vettore deve domandare immediatamente istruzioni al mittente. Nell’ipotesi in cui sorga una controversia tra più destinatari in merito alla riconsegna o alle modalità di quest’ultima o se il destinatario ritarda nel ricevere le cose trasportate, il vettore non ha più l’obbligo di chiedere istruzioni al mittente. Egli potrà, dunque, liberarsi dell’obbligazione tramite il deposito o con la vendita della merce, informando di ciò il mittente.
Infine, la responsabilità del vettore in caso di perdita o avaria delle cose. Ai sensi dell’art.1693, co.1 c.c. “Il vettore è responsabile della perdita o dell’avaria delle cose consegnategli per il trasporto, dal momento in cui le riceve a quello in cui le riconsegna al destinatario, se non prova che la perdita o l’avaria è derivata da caso fortuito, dalla natura o dai vizi delle cose stesse o del loro imballaggio, o dal fatto del mittente o da quello del destinatario”.
Occorre comprendere meglio come vadano interpretati i termini di “perdita” o “avaria”. Nel concetto di “perdita” si fanno rientrare ipotesi di varia natura come la riconsegna delle merci a chi non ne ha diritto, la loro distruzione delle cose, la spedizione in un luogo diverso od ancora la riconsegna di cosa diversa. La perdita, poi, può essere totale o parziale. Nel primo caso il vettore non riconsegna affatto le cose ricevute; nel secondo si ha una diminuzione nel numero o nella quantità di merci consegnate rispetto a quelle spedite. In caso di assenza di deroghe pattizie alla disciplina codicistica, previste dai contraenti nei termini di un eventuale aggravamento della responsabilità vettoriale, nonché di dolo o colpa grave in capo al vettore ovvero ai suoi dipendenti o preposti od ancora a soggetti terzi di cui egli si sia avvalso per l’esecuzione del trasporto, si applica il limite quantitativo di cui all’art. 1696 c.c. e di cui all’art. 23, paragrafo 3, della CMR del 1956. Più nel dettaglio, i limiti normativamente stabiliti al risarcimento del danno per perdita od avaria delle cose trasportate sono nei termini di 1 Euro per ogni kg di merce persa od avariata per i trasporti nazionali terresti (ex art. 1696 c.c.) o di 8,33 unità di conto per ogni kg di merce persa od avariata per quelli internazionali su strada rientranti nell’ambito di applicabilità della Convenzione di Ginevra del 1956 (ex art. 23, paragrafo 3, CMR).
Per quanto concerne il trasporto merci internazionale, infatti, con l’avvento dell’Unione Europea, si è avvertita con maggiore intensità l’esigenza di uniformità di trattamento della relativa disciplina normativa. I trasporti transnazionali per tale ragione sono regolati in larga misura da Convenzioni internazionali idonee a disciplinarne gli aspetti salienti. La giurisprudenza assicura, poi, la prevalenza del diritto internazionale privato sulle norme nazionali, per gli aspetti non pattiziamente regolati. Il trasporto di merci internazionale su strada, in particolare, è disciplinato dalla Convenzione di Ginevra del 1956 (c.d. C.M.R.), come successivamente modificata nel 1978.
Affinché possa configurarsi il trasporto internazionale di merci e si rientri dunque nell’ambito di applicabilità della suddetta CMR, tuttavia, é necessario che il trasporto si realizzi tra Paesi differenti di cui almeno uno aderente alla suddetta Convenzione.
La Convenzione di Ginevra (CMR) è stata, peraltro, oggetto di trattazione nel precedente articolo di Norme su Ruote dal titolo “Svolta al digitale: anche in Italia arriva l’E-CMR”, a cui si rimanda per ulteriori approfondimenti.